Oggi mi piacerebbe partire da una richiesta fattami qualche tempo fa da un insegnate a proposito di come gestire comportamenti problematici e in particolare sull’uso appropriato di ricompense al fine di fortificare i comportamenti positivi. Come attribuire un significato educativo alla ricompensa, senza cadere nel rischio che il bambino/a possa percepirlo in modo errato e trasformalo in una acquisizione di controllo e potere eccessivo sull’adulto ?
Bhe è chiaro che il rischio c’è, nella misura in cui è l’adulto che fallisce nell’intento educativo che tale esperienza dovrebbe comportare per il bambino. Mi spiego meglio, se ad esempio il bambino riceve la ricompensa prima del momento stabilito o comunque in modo incongruente con quanto gli era stato detto, magri perché il genitore mettiamo si trova in difficoltà in un contesto pubblico dove il figlio/a sta facendo una scenata di pianto inconsolabile e tutti li osservano, il genitore fallisce nel momento in cui cede e concede al bambino/a per farlo smettere il prima possibile. Ecco in questo caso la ricompensa perde completamente il suo valore educativo. Una gratificazione affinchè possa essere efficace, ha come filo conduttore il fatto che tale intento sia supportato dal far comprende e apprezzare a quel bambino/a le motivazioni che sono dietro i comportamenti che volete incoraggiare. L’idea di fondo è di accendere nel bambino il desiderio di utilizzare i comportamenti desiderati, prima ancora che la gratificazione materiale (Shiller e Schneider2012).
È chiaro che tale traguardo sarà frutto di un lavoro che farete insieme, giorno dopo giorno, e con non poche difficoltà una tra tante è il fatto che con i bambini bisogna avere molta creatività e seguire il loro pensiero. Nel senso che non si può proporre, ad esempio, la stessa forma di gratificazione per un tempo prolungato, in quanto si stancherebbero presto e di conseguenza verrebbe meno anche l’interesse per il comportamento che starete tentando di fortificare. Di fatto il desiderio nel bambino di adottare un comportamento adeguato ai canoni sociali o il sottostare a delle regole, non fa parte del suo mondo fatto di giochi, rotolate in terra, voglia di ottenere ciò che desidera in quel momento e chi più ne ha più ne metta. Ovvero intendo dire che, far si che possa svilupparsi il desiderio di comportarsi in un certo modo e meno in un altro è connesso al fatto che egli possa sperimentare il piacere di fare la cosa giusta. Dunque se le prime volte tenderà a concentrarsi sul premio e sulla sensazione di avere lui il controllo è del tutto comprensibile, con il passare dei giorni il fatto di sperimentarsi nel sentirsi capace e sviluppare man mano nuove abilità nella risoluzione dei problemi gli consentirà di percepirsi più competente, e comprenderà gradatamente il senso di quello che state provando ad insegnargli. Ovviamente non è un lavoro semplice e non privo di imprevisti è buona prassi, ad esempio, aver ben chiaro cosa proporre, in che tempi, in che modi, per quali scopi, oltre a spiegare al bambino cosa si intende fare, è importante non proporre tale “programma di ricompense” quando il bambino si è appena comportato male, ma attendere un momento in cui lui ,ed anche voi, siate tranquilli (Shiller e Schneider2012). Altro aspetto fondamentale e al contempo complesso è quello di tarare in base al bambino che si ha di fronte e dunque la portata dei premi, la tipologia, gli obiettivi da raggiungere, tenendo presente che questi ultimi devono essere realistici e raggiungibili dal bambino, e ovviamente portare a termine ciò che si è concordato. Quest’ultimo aspetto ha un gran valore educativo, come lo hanno le stesse gratificazioni, date sfogo alla fantasia ma ricordate che non servono grandi cose per rendere felice un bambino e che le stesse ricompense hanno il valore educativo, un gelato insieme un sabato pomeriggio ha molto più valore che un ora in più di videogiochi, attenti ai premi!!
Dott.ssa Valentina Valletta